La prima parola che mi viene in mente quando ricordo il Maestro Renzi è “chiarezza”, la chiarezza che pretendeva dai suoi alunni già dai primi compiti di armonia e contrappunto, la chiarezza che inseguiva in un’epoca che di chiaro aveva ben poco. Mi domando spesso, oggi, a distanza di tanti anni, come avrebbe reagito di fronte ad alcuni cambiamenti radicali che non ha fatto in tempo a vedere e che hanno cambiato drasticamente il nostro modo di vivere e di pensare. Mi chiedo se avrebbe mai ceduto al possesso di un telefono cellulare o di un computer e sorrido immaginando i suoi commenti ironici e disincantati di fronte alle novità frenetiche dei nostri giorni.
Con questo non voglio dire che non fosse incuriosito da quanto di nuovo il progresso tecnologico potesse offrire, anzi ne era attratto e cercava di sfruttarne le possibili applicazioni, ma da bravo romano guardava sempre con occhio critico e ironico alle manie modaiole che senza alcun senso critico abbracciano qualunque novità. Questo si rifletteva nella sua arte. È difficile dire quanto le sue lezioni fossero di sola composizione. Nella sua classe ho imparato molto di più. Perché quando entravi nella sua aula non sapevi davvero cosa ti aspettava, se una lezione di contrappunto, o di pianoforte, oppure una lezione fiume sulle “Enigma Variations” di Elgar o sulla “Suor Angelica” di Puccini. Alle volte quando pensavi di aver fatto bene i tuoi esercizi ti sentivi dire che, si, era tutto corretto ma che musicalmente era debole. Ma come, ti chiedevi, devo fare dell’arte anche con i compiti? Altre volte, quando invece avevi sacrificato il tempo dello studio alle inevitabili mollezze giovanili e andavi a lezione avendo messo insieme a malapena un contrappunto rachitico, tornavi a casa con un pingue bottino, perché comunque il tempo non andava sprecato e quelle lezioni diventavano le più proficue e indimenticabili della tua vita.
Amava insegnare e lo faceva nel modo migliore: con chiarezza. Non era pedante. Non ha mai imposto uno “schemino” per fare i nostri esercizi (quanto li ho odiati e quanto vorrei tornare indietro per ricominciare a farli), sarebbe stato troppo facile. In musica, mi ha insegnato che non esiste la regola assoluta. Ogni caso è un caso a sé e anche il più arido esercizio di un basso d’armonia o di un contrappunto va affrontato come un’opera d’arte, perché in fondo lo è, e la cosa di cui gli sono ancora tanto grato è di avermi insegnato che solo attraverso la sottomissione a questa “regola” non scritta sui trattati sta la vera libertà. E la regola per lui era: chiarezza di intenti e chiarezza di esposizione. Oggi nel ricordo di quelle lezioni mi rendo conto che sono rimasto suo allievo e lo sarò fino al giorno in cui non avrò trasmesso a qualcun altro questa tradizione orale che è ben più preziosa di qualunque compendio d’armonia o trattato di contrappunto e fuga.
Buon centenario Maestro.
M° Bruno Moretti
Compositore e Direttore d'orchestra
maggio 2014